I servizi per le dipendenze e il consumo di droghe

di Stefano Vecchio

Le politiche sulle droghe in Italia sono fondate sul pilastro dell’illiceità dell’uso e delle condotte collegate, in attuazione delle convenzioni internazionali. Tale principio è stato declinato diversamente dai vari governi, e dal 2006 al 2014 in modo particolarmente restrittivo, riempendo le carceri di tossicodipendenti e piccoli spacciatori. Dal 2014, in seguito a una sentenza della Corte Costituzionale, si è tornati a depenalizzare l’uso personale, anche se con sanzioni amministrative “fastidiose”. Su questo terreno normativo ha prosperato un certo tipo di rappresentazione del consumatore di droghe, quella dell’eroinomane emarginato, soggetto a forte riprovazione sociale e, secondo il paradigma medico, malato cronico a vita. Questo paradigma, sostenuto fortemente dai mass media, è diventato il modello interpretativo più diffuso, per cui chi usa droghe è un tossicodipendente, pericoloso e malato, oppure è condannato a diventarlo.

Per descrivere la realtà dei servizi napoletani per le dipendenze è opportuno quindi tracciare un breve quadro delle politiche nazionali e regionali. In tutte le regioni italiane il modello pubblico di servizio è attualmente costituito dal Sert – il servizio territoriale che garantisce i trattamenti sanitari e socio-sanitari – e dalle comunità terapeutiche, enti accreditati che operano con convenzioni, per lo più gestite dal privato sociale, per gli interventi residenziali e semi-residenziali. Le leggi nazionali seguono uno specifico percorso attuativo a livello locale, che ha portato a disegnare tanti sistemi sanitari e sociali quante sono le regioni italiane.

L’organizzazione dei servizi

Gli atti della Conferenza stato-regioni prevedono: la riorganizzazione dei Sert attraverso l’istituzione dei dipartimenti delle dipendenze; l’ampliamento dell’offerta delle comunità terapeutiche; la promozione di altri interventi, come unità mobili di strada, equipe per i nuovi stili di consumo, strutture territoriali intermedie. L’organizzazione dei servizi è quindi il risultato della interazione di questi eventi normativi ma anche della diversa interpretazione che ne danno le amministrazioni regionali. Il quadro critico è influenzato e, attualmente, aggravato dal declino delle politiche di welfare, per cui sempre meno risorse pubbliche vengono destinate a tali servizi. La Campania ha recepito con estremo ritardo gli orientamenti nazionali, sia relativi alla istituzione dei dipartimenti che riguardo all’adeguamento dell’offerta delle comunità. In questo modo ogni Asl ha adottato un proprio modello, attualmente in attesa di ridefinizione sulla base delle linee unitarie dettate dal nuovo Piano sanitario regionale.

In questo contesto fluttuante, ma attestato, in ogni caso, sui principi della illiceità delle condotte legate ai consumi di droghe e su un modello rigido e disegnato prevalentemente sui consumatori di eroina, si colloca la realtà dei servizi napoletani, le esperienze di sperimentazione, le resistenze istituzionali e culturali. Nel tempo, anche grazie all’istituzione di un’unica Asl cittadina, che ha permesso di riunire i servizi ordinari e quelli innovativi delle ex Usl, si è andato delineando un orientamento specifico napoletano degli interventi rivolti ai consumatori di droghe e sostanze psicoattive.

La logica seguita nell’ambito della Asl Na1 (oggi Asl Na1 Centro), attraverso il dipartimento delle farmacodipendenze, è stata quella di costituire un sistema integrato dei servizi con i seguenti obiettivi: rendere uniformi le prestazioni dei dieci Sert territoriali collocati nei distretti sanitari di base; mettere a regime le innovazioni già introdotte nelle diverse Usl, ovvero strutture intermedie, unità di strada e altre innovazioni necessarie; realizzare un dispositivo autonomo per la valutazione e l’invio nelle comunità terapeutiche; istituire l’undicesimo Sert per i detenuti negli istituti di pena (in alternativa alla logica penitenziaria che lo avrebbe voluto interno al carcere); realizzare un raccordo con le esperienze innovative introdotte dal terzo settore; monitorare i cambiamenti nei modelli di consumo per riadeguare le azioni e i servizi; stabilire un raccordo strategico con l’amministrazione comunale.

Descrizione dei servizi

Nell’ambito della Asl Na1 Centro sono stati istituiti e sono funzionanti: undici Sert, di cui dieci con bacino di popolazione territoriale e un undicesimo che offre assistenza nei tre istituti di pena per adulti e minori; quattro strutture intermedie: due centri diurni e due residenziali (Aleph, Arteteca, Lilliput, Palomar); un servizio con particolare attenzione alla tutela della privacy per persone socialmente integrate che fanno uso di cocaina (Mama Coca); un’unità di strada con un camper e un’equipe che opera in diverse aree della città e si avvale di una struttura a bassa soglia di accoglienza (Kafila); un’equipe che opera nei diversi contesti del divertimento cittadino (locali, piazze, bar, ecc.) con una metodologia di riduzione dei rischi.

La logica organizzativa non è di tipo gerarchico-verticale ma orizzontale, ed è orientata a rispondere ai tanti modelli di consumo che si sono sviluppati nella città. Per semplificare, possiamo dire che i Sert accolgono persone con un modello “istituzionalizzato” della dipendenza da sostanze (eroina, cocaina, alcol, ecc.) con problematiche di salute fisica e psichica, spesso con storie di stigmatizzazioni e carcerazioni. I Sert gestiscono programmi di trattamento farmacologico, cura delle patologie correlate, supporto psicologico e orientamento alle diverse tipologie di comunità. Questi stessi utenti, quando presentano particolari difficoltà, accedono a programmi personalizzati di accompagnamento presso le strutture intermedie, che offrono attività di animazione, reinserimento sociale e lavorativo, sia con programmi diurni che a breve residenzialità. Sia i Sert che le strutture intermedie gestiscono programmi per le misure alternative alla detenzione e di recente anche moduli specifici, in spazi e orari dedicati, per i giocatori d’azzardo patologici e le loro famiglie.

L’unità di strada incontra i cosiddetti consumatori problematici di strada con modelli di consumo fortemente caratterizzati dall’emarginazione sociale (per esempio, senza dimora) e culturale (migranti); offre presidi sanitari per la prevenzione delle patologie associate (epatiti e Hiv) e attiva raccordi con i servizi per le dipendenze, le comunità terapeutiche, le mense, i dormitori.

Il servizio Mama Coca è rivolto a persone con modelli di consumo, prevalentemente di cocaina, ancora non stigmatizzati, che mantengono legami sociali e impegni di vita (lavoro, famiglia, studi, ecc.). Si avvale di un’equipe mista, che opera sia attraverso un sito web, che con diverse tipologie di consulenza, gruppi di auto-mutuo-aiuto, nella logica del recupero delle capacità a gestire i propri impegni di vita senza centrare necessariamente sull’astinenza.

L’equipe dei contesti del divertimento serale e notturno intercetta modelli di consumo socialmente integrati, diffusi soprattutto tra i giovani che consumano sostanze psicoattive. Gli operatori usano una metodologia di riduzione dei rischi, ben acquisita in tutta Europa, che prevede la distribuzione di materiali informativi (per esempio, sui rischi delle combinazioni di più sostanze), la realizzazione di accordi con i locali per adottare strategie di controllo del rischio (disponibilità di acqua, aerazione per evitare il surriscaldamento, presenza degli operatori nei momenti di difficoltà dei frequentatori), l’allestimento di specifiche aree di decompressione (chillout) all’interno di grandi eventi, per accogliere persone in difficoltà e orientarle, dove necessario, verso presidi sanitari specialistici.

Tutti i servizi di innovazione operano con equipe miste di operatori pubblici e del terzo settore. La valutazione dei rischi richiede di considerare non solo gli effetti farmacologici delle droghe legali e illegali e le loro interazioni (il drug), ma anche le componenti personali psico-esistenziali, lo stato emotivo (il set), le eventuali patologie somatiche in atto, e soprattutto, gli elementi del setting: i tagli e le alterazioni legate all’illegalità, i diversi contesti, le subculture di gruppo, i pregiudizi e gli stigmi, le risorse personali e familiari.

Contesti e modelli di consumo

Napoli, come tutte le metropoli italiane ed europee, ha attraversato diverse epoche nell’evoluzione dei modelli di consumo di droghe e di sostanze psicoattive. Dagli anni Ottanta (prima istituzione dei servizi per le dipendenze in Italia) a oggi si sono moltiplicati i modelli di consumo: ai primi consumatori di eroina, socialmente emarginati e culturalmente stigmatizzati, si sono progressivamente aggiunti consumatori sempre più integrati, di sostanze sia legali che illegali. Anche la struttura del mercato è in continua evoluzione, influenzando i modelli di consumo. Il mercato dell’eroina, per esempio, si è caratterizzato da subito per una specifica territorialità: l’eroina venduta solo a Scampia, quasi una segregazione territoriale, coerentemente con il modello di consumo di persone emarginate e stigmatizzate. La saturazione del mercato dell’eroina ha l’effetto di spostare l’attenzione verso aree di popolazione socialmente integrata. Il sistema della criminalità organizzata facilita la vendita in tutte le zone della città e con tutte le strategie utili ad allargare il mercato verso nuovi consumatori di ceti sociali ed età disparate, in contesti differenziati pubblici e privati. Oggi, in seguito al ridimensionamento delle piazze di Scampia, determinato sia dalle guerre tra clan che da un maggior controllo da parte delle forze dell’ordine, nuove strategie si stanno delineando in provincia e nella stessa città. Sembra che il mercato al dettaglio, anche quello dell’eroina, sia più polverizzato e si stia spostando verso il centro città e verso l’hinterland.

A Napoli l’attenzione da parte di addetti ai lavori, istituzioni e terzo settore nei confronti delle nuove tipologie di consumatori si è manifestata tardivamente rispetto ad altre realtà italiane. Le ragioni sono diverse e vanno inquadrate nell’ambito della specificità delle nostre istituzioni che hanno concepito il welfare secondo una logica assistenziale ma allo stesso tempo pervasiva, in cui i cittadini non hanno alcun ruolo nell’orientare le politiche. Si aggiunga la scarsa diffusione dei rave, che hanno tradizionalmente sollecitato gli interventi con equipe mobili in altre realtà d’Italia.

Il mercato è dinamico e i modelli di consumo si moltiplicano e si differenziano di continuo. Le piazze di spaccio napoletane vanno dall’area della Stazione Centrale a Gianturco passando per la zona vasta della Marina fino al Museo (modelli di consumo marginali), attraversano gli innumerevoli locali e bar diffusi nel centro storico, al Vomero, a Chiaia (modelli di consumo socialmente integrati); infine i Sert, nei quali passano gli ex eroinomani ormai quasi tutti in trattamento (modelli di consumo istituzionalizzati). Bisogna poi considerare le feste private, quelle pubbliche e gli eventi di grandi dimensioni, le discoteche e i club. I modelli di consumo socialmente integrati intrecciano sostanze diverse legali (alcol, ketamina, ecc.) e illegali (cocaina, amfetamine, cannabis, ecc.), si esprimono in una pluralità di stili di consumo (sporadici nel week end; quasi quotidiani ma compatibili; con dosaggi moderati o elevati; poli-consumi: stimolanti e alcol, eroina e cocaina, speed ball, ecc.) e, come gli altri, comportano rischi complessi.

I luoghi del consumo migrano a seconda delle stagioni: man mano che si avvicina l’estate ci si sposta verso l’area flegrea, il litorale bagnolese, fino ai locali di medie e grandi dimensioni di Pozzuoli. In anni recenti sono stati organizzati alcuni rave, free party, eventi illegali con alcune difficoltà che evidenziano, forse, una scarsa propensione da parte della nostra regione per questo tipo di eventi.

Un cambio di prospettiva

Questa continua evoluzione nella struttura dei consumi, la prospettiva più ampia del “drug, set e setting”, richiede un cambio di rotta e un capovolgimento della logica attuale per poter intervenire sulle diverse dimensioni di questa complessità. In primo luogo, è necessario passare da una logica di servizi pre-formati a politiche sociali e socio-sanitarie programmate in relazione ai diversi modelli di consumo, quindi flessibili, adattabili; da servizi sedentari a servizi meticci (sia nomadi, come le equipe mobili di strada, che sedentari, come i Sert rivisitati, le strutture intermedie e Mama Coca); da strategie fondate su pregiudizi e stigmi a politiche pragmatiche fondate sull’osservazione e su un continuo riadeguamento delle azioni. Un cambio di prospettiva che in parte è già stato sperimentato con diverse innovazioni che richiedono un nuovo contesto istituzionale per poter funzionare adeguatamente, compresa la possibilità di introdurre approcci già sperimentati in altre nazioni europee, per esempio l’analisi delle sostanze (pill testing) o le stanze del consumo sicuro.

Cambiare rotta significa non adottare uno sguardo patologico ma provare, per esempio, a mettere in sicurezza i tanti contesti dei consumi, adottando una prospettiva di riduzione del danno orientata verso l’apprendimento sociale. Si tratta di intrecciare le politiche sociali a quelle urbanistiche della mobilità, implementare i luoghi di accoglienza diurna e notturna. Anche per gli utenti dei Sert, delle strutture intermedie e delle comunità si tratta di concordare strategie di distacco e svincolo dai servizi, di promuovere una gestione più autonoma dei propri trattamenti.

In conclusione, un cambio di rotta riguarda anche il welfare cittadino e richiede il superamento della logica paternalista, verso un welfare che coinvolge i cittadini di riferimento e non si sostituisce alle loro risorse e competenze, promuovendo l’autorganizzazione e i gruppi di interesse. Una prima indicazione è costituita dalla Carta dei diritti delle persone che usano sostanze (la Carta è reperibile sul sito di ITARDD, rete italiana per la riduzione del danno), scritta dagli stessi interessati e che potrebbe essere adottata dall’amministrazione comunale.