Napoli e l’arte di dis-abilitarsi

di Fabio Corbisiero, Ilaria Marotta

La sostenibilità urbana è condizionata da elementi strutturali – la rete dei trasporti, la distribuzione dell’edificato, il sistema degli spazi pubblici – e dalle politiche implementate per controllare tali elementi. Una città diventa insostenibile nel momento in cui pone una parte dei suoi cittadini nelle condizioni di non usufruire dei servizi offerti: si pensi alla mobilità, alla fruizione dello spazio verde, all’accessibilità dei servizi. Tutti questi livelli sono strettamente connessi con la vita quotidiana delle persone disabili e con le difficoltà che essi incontrano muovendosi nel contesto urbano. L’uomo disabile è quello che il sociologo Roberti[1] chiama “uomo a-vitruviano”, una condizione che si contrappone a quella “perfetta” dei normodotati, i cosiddetti uomini vitruviani. I problemi che pone la disabilità vanno oltre l’ideologia o l’assetto normativo di un paese; sono problemi pratici, materiali: alzarsi, muoversi, fare la spesa, andare a scuola. Spesso la società si presenta inadeguata, con le sue strutture e i suoi mezzi, ad accogliere le diversità. Tali ostacoli sono difficili da rimuovere, “occorre un impegno permanente che non può essere solo del legislatore, ma deve appartenere a tutte le formazioni sociali in cui si svolge la personalità del disabile[2]”.

La letteratura sociologica che si occupa di disabilità è molto carente e incline a un tipo di prospettiva che potremmo definire il “mito dell’inclusione”; ma non si può parlare di inclusione a livello astratto, perché si è sempre inclusi o esclusi rispetto a qualcosa, a qualcuno o più semplicemente rispetto alle pratiche vigenti in un determinato contesto spazio-temporale. Allo stesso modo la sociologia urbana si limita ad analizzare la questione solo in chiave “vitruviana”, mediante la contrapposizione tra ciò che i normodotati possono fare e ciò che ai disabili invece non è permesso. Tale deficit sociologico sembra aggravarsi a causa della persistenza di un modello di interpretazione medico, senza alcun passaggio a un modello di interpretazione di tipo sociale.

Per la definizione contemporanea facciamo riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità – in vigore dal 3 maggio 2008 –, dalla quale si evince che la disabilità è il “risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro effettiva partecipazione alla società su base di eguaglianza con gli altri[3]”. Questa nuova visione si basa su un modello interpretativo di tipo sociale, il quale riconosce fattori ambientali – dagli aspetti fisici a quelli sociali – come fonte e causa di disuguaglianze.

Negli ultimi anni si è approdati a un modello bio-psico-sociale della disabilità – ICF (Classificazione internazionale del funzionamento) – basato su una stretta connessione tra le condizioni di salute e gli elementi di contorno, prevalentemente quelli ambientali. Tale approccio cerca di fondere il modello medico con quello sociale, ma rispetto a quest’ultimo aggiunge dei fattori psicologici individuali, ponendo l’ambito medico ancora una volta in una condizione prevalente.

Napoli: oltre le barriere?

Le barriere a cui si riferisce il titolo di questo paragrafo non riguardano solo gli ostacoli visivi, uditivi e materiali ma anche quelli di tipo sociale che si esplicitano banalmente nella disattenzione e nell’indifferenza. Si pensi a tutte le situazioni in cui sono i cittadini a impedire l’accesso e la mobilità dei disabili, anche laddove le barriere di tipo architettonico sono state abbattute. In una città in cui sono presenti barriere di questo tipo si rischia di trovarsi davanti uno sbarramento di tipo antropologico; infatti ciò che queste barriere determinano è una segregazione non solo spaziale ma anche culturale. Le barriere fisiche, invece, impediscono una completa e libera mobilità all’interno di un contesto urbano alle persone disabili e possono essere cosi sintetizzate: superamento delle pendenze, degli scalini e dei passaggi stretti; superamento di oggetti in mezzo al percorso; raggiungimento di determinate altezze; possibilità di vedere e leggere scritte collocate troppo in alto; possibilità di salire e scendere dagli autobus senza avere un supporto.

Rispetto a tale problema la città di Napoli mira a essere accessibile a tutti i suoi cittadini. Il primo passo in questo senso è stato fatto con l’adesione del comune alla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, con la delibera n. 992 dell’11 ottobre 2011[4]. Questa si basa sul presupposto che i cittadini disabili, e le relative organizzazioni, debbano partecipare attivamente ai processi decisionali, affinché sia possibile attuare in tutti gli ambiti della vita cittadina – mobilità, edilizia, urbanistica, istruzione, lavoro, salute, ecc. – i principi della convezione.

Dopo aver delineato gli obiettivi generali, analizziamo nello specifico i servizi offerti sul territorio. Il Piano sociale di zona 2013-2015, presenta tra i servizi offerti l’assistenza indiretta, che prevede un contributo mensile per l’autogestione dell’aiuto personale. Si intende quindi favorire l’autonomia della persona, la vita di relazione e la permanenza nel proprio ambiente familiare e sociale anche in situazioni di disagio; evitare i ricoveri impropri in ospedali o istituti e favorire l’emersione del lavoro sommerso nel campo del lavoro di cura domiciliare.

Per quanto riguarda le malattie degenerative, con il Programma regionale sperimentale per persone affette da Sla e da altre malattie da motoneurone, l’amministrazione regionale, con delibera n. 34/2013, promuove azioni finalizzate al più alto livello di tutela assistenziale attraverso contributi economici ai familiari. Il comune promuove questo programma con l’erogazione di assegni di cura individuali e l’attività di segretariato nei servizi sociali territoriali. Sono inoltre previste prestazioni socio-sanitarie a regime residenziale e semi-residenziale, ovvero centri diurni per disabili. Tra i servizi troviamo il centro sociale polivalente La Gloriette, centro diurno che propone servizi a persone, in particolar modo ragazzi con disabilità lieve. Il servizio di assistenza scolastica, infine, mira a un’assistenza di base affinché gli alunni disabili possano partecipare pienamente a tutte le attività scolastiche.

In sintesi, l’analisi sui servizi offerti dalla città metropolitana mostra che non si è ancora giunti a realizzare condizioni di cittadinanza attiva per le persone disabili. Si tratta piuttosto di interventi che mirano a tamponare situazioni di difficoltà e marginalità, dove la responsabilità ricade principalmente sulle famiglie e sulle associazioni di volontariato; in particolare, per la maggior parte dei casi ci si limita ad azioni di tipo medico-assistenziale.

Mobilità e inserimento lavorativo

Nei contesti urbani sono presenti almeno tre categorie diverse in relazione alla mobilità: soggetti su veicoli motorizzati a quattro e due ruote, pedoni (tra i quali risultano soggetti deboli come anziani, minori e disabili), infine ciclisti[5]. Vi è, sia a livello nazionale che locale, una disattenzione per gli utenti deboli della strada. A Napoli, per le persone disabili sono ancora presenti barriere architettoniche che ne impediscono la libera circolazione: si pensi ai marciapiedi dissestati o mancanti di salite/discese per le sedie a rotelle. La sostenibilità è strettamente collegata al contenimento dei rischi, i quali possono mettere a repentaglio la stessa incolumità dei cittadini. Ciò si esplica in modo esemplare in relazione alla mobilità, e di conseguenza alla qualità della vita e alla sicurezza delle persone disabili.

Il sistema dei trasporti si caratterizza come uno dei principali fattori di insostenibilità nell’ambito urbano. Sono la diversa accessibilità ai trasporti e di conseguenza le diverse possibilità di mobilità a determinare la differenziazione sociale. Per tale motivo molte politiche urbane si pongono come obiettivo la mobilità sostenibile, ma per un’adeguata implementazione sono necessari interventi integrati sulle infrastrutture e sulle tecnologie del trasporto.

Nell’estate 2015 a Napoli è stato messo a punto “AmiCar”, servizio erogato da un gruppo di imprese sociali per i disabili e gli anziani che hanno problemi a spostarsi. Il servizio offre trasporto con autista e accompagnatore su richiesta, per spostamenti all’interno della città e la possibilità di essere accompagnati in escursioni fuori porta, sia singole che collettive. Per garantire la mobilità su tutto il territorio l’amministrazione eroga il contrassegno H, che consente una completa circolazione all’interno della città, anche nelle zone a traffico limitato. La Sala Blu nella stazione di Napoli Centrale accoglie e assiste i viaggiatori disabili. Gli ambienti della sala ospitano persone in sedia a rotelle e relativi accompagnatori, permettendo un’agevole circolazione al suo interno. Infine, Napoli Sociale Spa, realizza per conto dell’amministrazione comunale il trasporto sociale e l’assistenza scolastica.

Questi servizi non risultano adeguati al superamento delle barriere architettoniche per garantire una piena mobilità delle persone disabili. Quello a cui bisognerebbe tendere è una pianificazione e programmazione territoriale, affinché si possano integrare le (poche) pratiche già in uso e le esigenze dei diversi cittadini.

Per quanto riguarda il settore lavorativo, la discriminazione fondata sulla disabilità può assumere una forma diretta (si pensi a quando reclutando del personale, si decide di non assumere personale sordo) e una indiretta (quando negli autobus sono presenti dei posti per le persone disabili, ma non vi è modo di far salire la sedia a rotelle). In Italia sono state approvate una serie di leggi sul lavoro (482/68, 68/99, dlgs. 216/03) che dovrebbero garantire una maggiore tutela per i lavoratori disabili ovvero inserimento e integrazione lavorativa attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. A Napoli e provincia sono 82 mila i disabili iscritti, al 2015, nelle liste di collocamento per le categorie protette (secondo le disposizioni della legge 68/99), ma tali graduatorie risultano bloccate dal 2009.

In conclusione gli uomini non nascono uguali, “è la nostra ricchezza la diversità, piena di contrasti, di sfumature e di infinita varietà, ma è anche la nostra croce perché essa è fonte di inesauribili discriminazioni e disuguaglianze[6]”. A Napoli c’è ancora molta strada da fare per superare tali disuguaglianze e approdare a un modello di città sostenibile.

[1] Roberti C., L’uomo a-vitruviano. Analisi storico-sociologica per altre narrazioni delle disabilità nel sistema-mondo, Aracne editrice, Roma, 2011.

[2] Belli R., Vivere eguali. Disabili e compartecipazione al costo delle prestazioni, Franco Angeli, Milano, 2014.

[3] Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, 2006; www.lavoro.gov.it/AreaSociale/Disabilita/Documents/Libretto_Tuttiuguali.pdf.

[4] www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15977.

[5] Davico L., Mela A., Straricco L., Città sostenibili. Una prospettiva sociologica, Carocci, Roma, 2009.

[6] Belli R., cit., pag. 13.