L’offerta delle biblioteche pubbliche e private

di Marinella Pomarici

Napoli trabocca di biblioteche, concentrate per la gran parte nel centro storico: dalla Nazionale, che è la terza biblioteca in Italia dopo quelle di Roma e Firenze, alle 20 biblioteche universitarie, alle 25 specialistiche (quella dell’Istituto Banco di Napoli, dell’Istituto campano per la storia della resistenza, dell’Istituto italiano per gli studi storici, ecc.), fino  alle 17 biblioteche comunali, alle 3 degli istituti di lingua e alle 3 dedicate ai bambini.

Le biblioteche napoletane sono essenzialmente di conservazione: dai manoscritti e papiri custoditi nella Nazionale, agli autografi di Alessandro e Domenico Scarlatti, Pergolesi e Paisiello in quella di San Pietro a Majella; e poi gli incunaboli, con le “cinquecentine” e le “seicentine”, la collezione vichiana, le raccolte di libri rari e rarissimi, i manoscritti di Croce, gli antichi codici della “De Marsico” a Castel Capuano; dalle fonti documentarie del regno di Napoli, custodite nella biblioteca della Società napoletana di storia patria, ai volumi che documentano la storia del Novecento, fino al fondo di libri antichi e rari – con esemplari del fondo originario della biblioteca del Collegio dei cinesi – custodito nella biblioteca universitaria dell’Orientale.

Ma viene davvero custodito bene questo straordinario patrimonio librario? La biblioteca dei Gerolomini, chiusa da anni, che vanta (o vantava) il fondo “Giuseppe Valletta” e un ricchissimo patrimonio musicale tra gli oltre 159 mila volumi, è stata oggetto di furti continui; oggi è in corso un processo e nel frattempo sono stati recuperati 600 volumi solo in Germania. Nemmeno la biblioteca dell’Istituto degli studi filosofici è aperta, né esiste un catalogo completo. Gli oltre 300 mila volumi raccolti nel corso del tempo dall’avvocato Gerardo Marotta viaggiano tra depositi e scantinati, e se alcune migliaia di volumi sono raccolti nella sede di via Monte di Dio, tutti gli altri, raccolti negli scatoloni, sono stati spostati nell’ex ospedale psichiatrico “Leonardo Bianchi” a calata Capodichino. La sezione Brancacciana della Nazionale è chiusa dal gennaio 2009 per infiltrazioni; ma, avuti i fondi, effettuati i lavori, attualmente manca il personale per riaprirla. Il problema del personale è grave e riguarda in genere biblioteche e archivi dove i vuoti dei pensionamenti non sono colmati dai concorsi.

Le biblioteche universitarie

Il patrimonio di queste biblioteche si aggiorna con difficoltà, a causa di budget molto limitati. La Nazionale cerca di tenere il passo con la produzione libraria nazionale e internazionale ma sul sito non compaiono numeri in proposito, mentre quella dell’Istituto per gli studi storici dichiara di ingrandire il suo patrimonio di 1.000 volumi l’anno, in buona parte frutto di donazioni.

Alle biblioteche specialistiche si può accedere con lettera di presentazione per consultare i libri, ma i cataloghi sono controllabili anche attraverso il sistema Opac Sbn (catalogo del Servizio bibliotecario nazionale che consente l’accesso a tutti i cataloghi delle biblioteche pubbliche e private che fanno parte del sistema).

Nelle biblioteche universitarie l’esigenza dell’aggiornamento del patrimonio è più cogente. Il Centro di Ateneo acquista risorse elettroniche (banche dati, periodici elettronici ed e-book) per 4 milioni l’anno. Le universitarie sono quelle che svolgono, in modo un po’ più adeguato, il loro compito nei confronti degli studenti, che le utilizzano per studiare in tranquillità. Non molti però sono i posti a sedere: si va dai 480 della facoltà di Giurisprudenza della Federico II (a fronte di più di 1.700 studenti iscritti solo nel primo anno) ai 130 posti di Economia fino agli 80 di Scienze sociali. Non sempre c’è il wi-fi libero, né ci sono prese elettriche ai tavoli per collegare i portatili, mentre i pc presenti in sala sono davvero pochi: si va dall’aula telematica di palazzo Giusso (Orientale) con 25 postazioni (l’uso è consentito per un massimo di due ore, per quelle successive bisogna ripetere la registrazione), ai 3 pc della biblioteca di Scienze sociali, ai 20 di Economia. Tutti gli accessi a internet, almeno ufficialmente, sono funzionali alle sole ricerche bibliografiche.

Una rapida panoramica lungo la penisola ci fa scoprire che nella biblioteca universitaria di Torino il wi-fi è esteso in tutta la struttura, esistono 4 postazioni informatiche nel salone di consultazione, 20 postazioni con presa elettrica e 2 postazioni in sala accoglienza. La biblioteca universitaria di Torino ha 300 posti a sedere, quella di Bologna ne ha 200, la sola biblioteca di Studi giuridici e umanistici di Milano ha 744 posti a sedere attrezzati.

Tutte le biblioteche universitarie di Napoli sono collegate in rete e i cataloghi sono consultabili attraverso l’Opac; alcune opere possono essere lette in full text. La Brau (Biblioteca di area umanistica della Federico II), che pure si è aperta nel 2009 e dove ha sede gran parte della biblioteca di Lettere e Filosofia, non ha però innovato la concezione della biblioteca. Qui, insieme alla connessione wi-fi, sono presenti come servizi ulteriori un sistema integrato di consultazione download e il prestito di audio-libri. L’avvento di internet e del mondo digitale, invece, ha determinato un profondo ripensamento dei compiti e dei servizi delle nuove biblioteche universitarie che, diventate “ibride”, combinano nell’architettura e nell’arredamento le vecchie funzioni con le esigenze e le possibilità dell’informazione elettronica. Le sale della biblioteca a scaffale libero, dotate di postazioni per l’accesso al catalogo e alla biblioteca digitale con mappe di orientamento, sono attrezzate con pc disponibili al pubblico in gran numero, prese elettriche e prese di rete o connessione wireless; e poi sedute diverse a seconda delle esigenze, dai divani alle poltrone fino alle scrivanie individuali con computer e lampade, ai tavoli tondi per i lavori di gruppo; stazioni di auto-prestito (grazie al lettore del codice a barre presente all’interno della copertina del libro) e punti di ristoro.

Tutte le biblioteche universitarie napoletane hanno siti web con le informazioni necessarie, particolarmente ricco quello della sede di via Paladino, mentre poche dispongono di una pagina Facebook; ma basta una rapida navigazione per i siti delle universitarie italiane, come quella di Lettere a Torino, per accorgersi di come siano di più immediata consultazione e più ricchi di informazioni.

Un esempio eccellente di biblioteca, accogliente e di moderna concezione, è costituito dalla mediateca “André Malraux”, una delle più grandi biblioteche francesi in Italia, all’interno dell’Istituto Grenoble, in via Crispi. Oltre al ricco fondo librario, è possibile consultare riviste, dvd, cataloghi on line. All’interno, la Bibliothèque de l’Apprenant e la Culturethèque. La prima è una collezione di testi in francese facilitato e audiovisivi per l’apprendimento della lingua francese. La seconda è la nuova biblioteca digitale che permette l’accesso a libri, musica, video e documenti utili per l’apprendimento del francese. Libero accesso alla ludoteca. E poi letteratura, musica, cinema, fumetto, sono al centro degli incontri offerti al pubblico dalla mediateca.

Le biblioteche comunali

Le comunali dovrebbero essere le biblioteche di pubblica lettura per eccellenza, biblioteche di quartiere non collocate in edifici monumentali e quindi anche fisicamente più vicine al cittadino, soprattutto a chi non è abituato a frequentarle. Sono distribuite soprattutto in periferia: San Pietro a Patierno, Scampia, Ponticelli, Barra, San Giovanni, Soccavo, Pianura, Secondigliano, Bagnoli, Poggioreale e poi Sanità, Fuorigrotta, Vomero e Montecalvario; a queste si aggiunge il Ceicc (Centro europeo di informazione, cultura e cittadinanza) in via Partenope, dedicato alle tematiche europee.

Ignorate dai più, quasi solo al servizio di studenti alla ricerca di spazi dove studiare, le biblioteche comunali non sono certo il punto di riferimento per le attività culturali legate al libro e alla lettura, luoghi dove prendere in prestito i libri, leggerli o consultare giornali che, invece, non arrivano nemmeno più in abbonamento; sono dotate di un patrimonio librario obsoleto – gli ultimi acquisti risalgono al 2006 – con un’organizzazione del lavoro che non ha motivato gli impiegati (che non sono bibliotecari di professione), inchiodandoli a una routine quotidiana, con una connessione praticamente nulla con il territorio. Non hanno il wi-fi, né postazioni internet. Solo sporadicamente sono state destinatarie di progetti per la promozione della lettura che hanno portato in biblioteca i bambini delle scuole limitrofe. Ogni biblioteca ha un piccolissimo settore dedicato alla letteratura per l’infanzia, mentre invece la biblioteca per ragazzi di San Giovanni a Teduccio, inaugurata nel 2010, ha circa 2.000 volumi, ma anch’essa è pressoché ignorata dal quartiere e le scuole la frequentano solo con la mediazione di qualche associazione.

Gli interventi sporadici, anche se generosi, non risolvono certo i problemi strutturali di queste biblioteche. In primo luogo, alcune sono rimaste chiuse per anni, come la “Dorso” a Secondigliano, altre lo sono tuttora, come la “Angiulli” alla Sanità, con i libri riposti negli scatoloni; perdite d’acqua scorrono per i muri della “Grazia Deledda” di Ponticelli, collocata in un pregevole edificio storico; buona parte del complesso è dichiarato inagibile e gli studenti che la frequentano sono costretti a studiare nei corridoi. La biblioteca di San Pietro a Patierno è aperta solo per il prestito, la stessa biblioteca di San Giovanni chiude alle ore 13; la “Mazzacurati” a Bagnoli, collocata nei locali della Municipalità, è stata riaperta al pubblico nel 2015, ma con orario ridotto e con la catalogazione in via di completamento.

Ciò che manca alle biblioteche comunali, oltre all’aggiornamento librario e alla preparazione specifica degli operatori – fatte salve le dovute eccezioni – è anche la possibilità di essere un servizio sociale con attività che mirino alla formazione e al potenziamento delle abilità personali – informatiche, linguistiche, di lettura – lungo tutto l’arco della vita, come accade ormai in molte biblioteche del centro e nord Italia, per non parlare del resto del mondo.

Le biblioteche di pubblica lettura sono il frutto di una scelta politica di fine Ottocento, di un progetto che tendeva all’alfabetizzazione e all’integrazione culturale delle masse popolari, di una strategia complementare rispetto all’istruzione scolastica. “In America, in Gran Bretagna e nei paesi nordici sono state, e sono, proprio le public libraries i punti di ritrovo più naturali per i gruppi di cittadini impegnati in attività che nascono dal basso: esse ospitano iniziative di ogni tipo, dalle più politiche (l’organizzazione di una protesta) alle più innocue, come i corsi di cucito. Le biblioteche finlandesi ospitano associazioni di consumatori o avvocati che possono essere consultati gratuitamente per un parere legale. Questo ventaglio di attività contribuisce a dare ai cittadini il senso di appartenere a una comunità, fornisce luoghi di conoscenza e di mutuo soccorso, permette di migliorare le proprie capacità e di espandere i propri interessi[1]”.

Ora, se si legge la finestra del sito internet del comune di Napoli dedicata alle biblioteche, si può navigare tra i cataloghi dei libri presenti e ci sono sezioni per gli ipovedenti, ma tutte le attività elencate, dai seminari fino alle presentazioni di libri, avvengono solo casualmente e su promozione discontinua di soggetti esterni alla biblioteca. Basta navigare tra i siti delle biblioteche italiane di pubblica lettura, in particolare comunali, da quella di Cinisello Balsamo fino alla Salaborsa di Bologna, dalle biblioteche civiche di Torino alla comunale di Trani[2] (dove il fitto degli spazi a soggetti esterni, ma con finalità culturali, consente di far fronte alle spese) per toccare con mano che un altro mondo è possibile, e anche un altro modo di spendere i nostri soldi.

Altro grande limite per la fruibilità delle nostre biblioteche pubbliche è l’orario di apertura. Nel migliore dei casi la Nazionale e quelle universitarie sono aperte dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18, il sabato solo la mattina e poi sono chiuse la domenica. Molte specialistiche sono aperte fino al venerdì, le comunali fino al venerdì alle 19, ma non tutte.

Le biblioteche di pubblica lettura, e in particolare le universitarie e le comunali, dovrebbero avere un orario di apertura adatto alle esigenze del territorio; chi lavora può andare in biblioteca sabato e domenica a leggere un giornale, oppure i ragazzi potrebbero andare a studiare anche la sera e la domenica. La biblioteca della Salaborsa di Bologna, per esempio, ha sperimentato, per l’orario invernale, l’apertura di domenica pomeriggio per rispondere alle esigenze dei genitori che vanno con i figli a leggere o a vedere un film.

Alcuni buoni esempi

Tornando alle biblioteche per bambini e ragazzi, un vera risorsa inutilizzata è la bella biblioteca per bambini aperta nella sede della Fondazione Banco Napoli per l’assistenza all’infanzia in via don Bosco 7.  È stata inaugurata il 16 dicembre 2009, con un arredo di scaffali e morbide sedute adatte ai bambini, nonché un ricco patrimonio librario, classificato nel rispetto dei generi, dai primi libri ai libri giocattolo, alle fiabe, fino alle sezioni fantascienza e avventura, fumetti e fantasy. Tutto a scaffale libero e regolarmente catalogato. Qui solo nei primi anni sono stati organizzati laboratori di lettura per i bambini dei semiconvitti, finanziati appunto dalla fondazione. Attualmente la biblioteca non viene utilizzata, travolta anch’essa dalla grave crisi dell’ente.

C’è poi la meritevole iniziativa della biblioteca “Alfredo Pisacane” per i piccoli pazienti sordi del reparto di audiologia e vestibologia del Policlinico, in via Pansini 5, nuovo punto lettura del progetto Nati per Leggere, che si aggiunge a quello esistente da anni all’interno del Pan, in via dei Mille. Il punto lettura consente ai piccoli pazienti ipoacustici di beneficiare, durante l’iter riabilitativo, di un percorso di “lettura ad alta voce” che avrà effetti positivi per lo sviluppo del linguaggio e offre ai genitori uno strumento prezioso per rinforzare la relazione con i propri figli.

Nella Nazionale poi, i bibliotecari delle sezioni Americana e Venezuelana promuovono da anni attività inedite per le biblioteche cittadine: gruppi di lettura in lingua e in italiano, alcuni dedicati alla poesia, oltre a letture ad alta voce in collaborazione con associazioni della città. C’è poi la biblioteca situata all’interno del centro di formazione “Alberto Hurtado” a Scampia. Inaugurata nell’aprile 2006, conta circa 10 mila volumi, con molti libri per bambini e adolescenti; offre un servizio di prestito e l’organizzazione di eventi e laboratori; ospita un caffè letterario e una rassegna cinematografica. In conclusione, solo iniziative individuali e di piccoli gruppi sembrano illuminare il mondo delle biblioteche, in attesa di amministratori pubblici che le considerino tasselli importanti per lo sviluppo di un territorio.

[1] Agnoli A., La Biblioteca che vorrei, Editrice Bibliografica, 2014.

[2] Eppure questa biblioteca, unico esempio di biblioteca al sud degna di questo nome, è stata chiusa, travolta dalle vicende comunali.