Oltre la fabbrica. Alcune trasformazioni nell’area occidentale

di Riccardo Rosa

Gli ultimi vent’anni sono stati di vana attesa rispetto alle trasformazioni che avrebbero dovuto coinvolgere la zona occidentale della città dopo la dismissione dell’area industriale ex Italsider. Nel contempo, in particolar modo nell’ultimo decennio, si sono registrati dei cambiamenti significativi, soprattutto legati al fallimento e alla chiusura di alcune storiche attività di tipo ricreativo (come il “polo dei divertimenti” di Fuorigrotta) o alla modifica di destinazione d’uso di intere aree urbane, come la ex base Nato di Bagnoli.

Il 12 ottobre del 2011 la società Park and Leisure di Cesare Falchero, che dal 2003 gestisce il parco divertimenti Edenlandia e lo Zoo di Napoli, viene decretata fallita. Con la prosecuzione temporanea delle attività, il tribunale apre una fase di transizione che porterà alla promulgazione di un bando di gara internazionale, al fine di concedere l’area (di proprietà comunale, ovvero della partecipata Mostra d’Oltremare) a un privato, prima della scadenza della cassa integrazione dei settanta dipendenti. La pubblicazione del bando va molto per le lunghe, e una volta pubblica, l’asta va deserta. Si tratta di uno scenario ampiamente prevedibile in considerazione di vari fattori che vanno dall’elevato rischio di impresa per un genere di attività da anni in perdita a livello internazionale, fino ai numerosi vincoli che coinvolgono l’area. Lo strumento del bando viene accantonato e il tribunale inizia la fase di trattativa privata per ascoltare le proposte degli imprenditori interessati. Le strutture vengono chiuse al pubblico.

Il primo risultato di questa nuova impostazione è lo spezzettamento del “lotto” Zoo-Edenlandia-Cinodromo (quest’ultimo da tempo abbandonato e utilizzato in via informale e non autorizzata come mercatino dell’usato), che non sarà più considerato nella sua interezza. Questa scelta vanifica le proposte di un comitato di cittadini che chiede l’impegno dell’amministrazione comunale per una nuova gestione pubblica e partecipata dell’area, che con investimenti non astronomici potrebbe essere convertita in un grande parco verde, ospitante all’interno attività didattiche o a impatto ambientale zero, e totalmente auto-sostenibile. Poco interessati a seguire questa strada, una volta archiviato il bando, il tribunale e l’amministrazione cominciano ad ascoltare le singole proposte per la gestione delle aree.

Dopo aver trattato a lungo, e invano, con alcuni discussi imprenditori, sulla base di offerte risibili e garanzie praticamente nulle, i due lotti vengono concessi a nuovi locatari: a fine 2013 lo Zoo viene rilevato dal napoletano Floro Flores, mentre un anno dopo Edenlandia e il Cinodromo vengono affidate a una cordata di imprenditori capitanata da Mario Schiano, le cui aziende sono impegnate, fino a quel momento, nel settore ciclistico. Rispetto ai canoni d’affitto richiesti in una prima fase dalla Mostra d’Oltremare, e alla quantità di investimenti indicati nel bando di gara, le offerte dei due imprenditori sono molto inferiori (il capitale sociale della New Edenlandia, per esempio, è costituito da una cifra che si aggira intorno ai diecimila euro).

Dopo alcuni mesi di lavori, lo Zoo viene riaperto al pubblico nella primavera del 2014. Edenlandia, in seguito a rinvii ed esitazioni da parte della nuova proprietà, dovrebbe riaprire i battenti per Pasqua 2016, esattamente quattro anni dopo la prima chiusura. Non si hanno notizie rispetto a eventuali investimenti sull’area del vecchio Cinodromo.

L’idea di un parco pubblico nel cuore di Fuorigrotta sarebbe andata in controtendenza rispetto ai cambiamenti reali che hanno coinvolto il quartiere nel corso degli anni. Emblematica rispetto a queste trasformazioni è la nascita – in un’area compresa tra l’inizio (angolo via Nino Bixio) e la fine (incrocio con viale dei Giochi del Mediterraneo) di via Terracina – di alcune enormi strutture per l’intrattenimento e i servizi, che hanno richiesto grossi investimenti, ma per il cui utilizzo i cittadini pagano prezzi piuttosto alti. Le più imponenti tra queste strutture sono il cinema multisala The Space; un centro fitness e benessere la cui proprietà appartiene al gruppo Virgin; il centro sportivo Caravaggio Sporting Village (piscine, campi da calcio, solarium, palestre).

Il futuro della ex base Nato

Alla delicata questione dell’accessibilità alle attività sportive è legato il destino dell’area che ha ospitato per decenni l’ex base Nato di Bagnoli. Nata come collegio per i bambini indigenti della città, la struttura, originariamente dedicata a Costanzo Ciano, è stata per sessant’anni la casa delle truppe americane di stanza a Napoli. Nel dicembre 2013 i soldati hanno varcato per l’ultima volta i cancelli che per tanto tempo hanno privato la cittadinanza di una parte del territorio urbano, aprendo alla possibilità di un nuovo utilizzo per l’area, come previsto dalla variante al piano regolatore del 1996.  I suoli dell’ex collegio sono di proprietà della Fondazione Banco di Napoli per l’Assistenza all’Infanzia, a suo tempo ente promotore della costruzione, che utilizza i soldi dell’affitto delle aree per finanziare una rete di convitti e strutture per l’infanzia in difficoltà. Dopo l’uscita di scena delle truppe americane, il commissario regionale Lidia Genovese (la fondazione, per statuto, ha nel proprio consiglio di amministrazione un membro nominato dall’amministrazione regionale e uno da quella comunale) prospetta la creazione di una cittadella per lo sport, in considerazione della quantità di strutture già presenti all’interno della ex base. Un movimento di cittadini, intanto, chiede che le strutture vengano ripensate per un uso pubblico e collettivo, piuttosto che essere assegnate a singole associazioni interessante al loro utilizzo, per evitare i rischi di una lottizzazione. Questa ipotesi comprenderebbe anche il trasferimento in loco delle scuole dei quartieri Bagnoli e Agnano, i cui edifici si trovano in uno stato estremamente critico.

Alla sostituzione del commissario Genovese con il professor Sciarelli (febbraio 2014) il progetto si arena. Una parte importante in questo senso la giocano le pressioni dell’ente regionale, che chiede di poter utilizzare una parte degli edifici per i propri uffici. Anche questa ipotesi, dopo lunghe trattative, non si concretizza, bloccata dall’opposizione dello stesso personale regionale, restio a trasferirsi a Bagnoli dal Centro Direzionale. A partire dalla primavera del 2015 le strutture sportive cominciano a essere assegnate a singole associazioni e a enti di varia provenienza, mentre alcuni degli edifici coperti restano utilizzati dalle scuole internazionali di formazione. All’inizio del 2016 la multinazionale dell’elettronica Apple comunica la propria intenzione di dar vita a Napoli a un centro di formazione per lo sviluppo di app per iPhone. Il luogo in cui sorgerà il centro potrebbe essere una delle sedi flegree dell’Università Federico II, partner del progetto, oppure il collegio Ciano, destinazione gradita agli americani. A gestire la trattativa è il nuovo commissario, Mario Sorrentino, subentrato a Sciarelli nel febbraio 2016, pochi mesi dopo il cambio della guardia tra Caldoro e De Luca alla guida della Regione. Al gennaio 2016, la percentuale di superficie della ex base Nato utilizzata è inferiore al 10%.

I terreni di San Laise

Adiacente alla base Nato vi è la collina di San Laise. Un tempo, prima della costruzione del collegio Ciano, a San Laise vivevano più di venti gruppi familiari di contadini. Le poche testimonianze raccontano di un’enorme masseria a forma di ferro di cavallo, coltivazioni e animali. Quando il governo espropriò i terreni dove sarebbe poi sorto il collegio, ne rimasero meno della metà. Qualche anno dopo la proprietaria dei suoli, la contessa Maria Salluzzo di Corigliano, vendette i terreni a una società immobiliare con sede a Milano, che continuò a fittare quei lotti agricoli ai coloni che vi risiedevano. Di mano in mano, arriviamo al primo decennio del Duemila, quando quasi tutti i contadini ricevono un provvedimento di sfratto dai proprietari, decisi a vendere. Corre voce che gli appezzamenti stiano per essere ceduti per realizzare un agriturismo. I contadini, così, supportati da quegli stessi cittadini che stanno lavorando per proporre un uso collettivo della base Nato, invogliano gli abitanti del quartiere a partecipare alle attività agricole, rimettendo in sesto alcuni dei terreni incolti, una cui parte è di proprietà anche della Fondazione Banco di Napoli. Le trattative per la vendita, col tempo, si arenano, e il rischio sfratto per i contadini è sventato.

Nel novembre 2015, intanto, sui terreni di San Laise di proprietà della fondazione, nasce il Parco delle agricolture contadine, promosso dalla fondazione e da Legambiente, con il sostegno dell’ente comunale e di alcune associazioni. L’obiettivo è di trasformare l’area agricola in un parco vissuto dalla cittadinanza, attraverso lavori di pulizia e ripristino, un percorso di rivitalizzazione delle antiche colture, attività con le scuole dal punto di vista dell’educazione ambientale e alimentare.